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L'Acquedotto Carolino

  • militesluci
  • 5 mar 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

L'Acquedotto Carolino

I ponti della Valle dalla Dichiarazione dei disegni. Napoli 1756

L’acquedotto, denominato Carolino in onore del re, noto anche come acquedotto di Vanvitelli grandiosa opera di ingegneria idraulica, costituisce sicuramente una delle più importanti opere pubbliche realizzate dai Borbone, fu uno straordinario successo tecnico; “emula degli antichi romani i quali con stupendi lavori, in luoghi diversi, a loro gradimento, portarono l’acqua” ( P. Colletta).

Originato dalla esigenza di approvvigionare la grande città che sarebbe sorta intorno alla reggia e al fine di potenziare l’alimentazione idrica della città di Napoli esso doveva servire anche al rifornimento idrico delle reali delizie ed all’alimentazione delle fontane e dei giochi d’acqua in esse presenti.

L'opera ha richiesto 16 anni di lavori e il supporto dei più stimati studiosi e matematici del regno di Napoli (primo fra tutti Luigi Vanvitelli), destando, per l'intero tempo di realizzazione, l'attenzione da parte dell'Europa intera, tanto da essere riconosciuta come una delle opere di maggiore interesse architettonico e ingegneristico del XVIII secolo

A partire dal 1752, nel “ tenimento” di Airola (BN), alle falde del Taburno, a 254 metri sul livello del mare, furono individuate numerose sorgenti, tutte appartenenti al principe della Riccia, che ne fece dono al re. Acquisito il benestare del sovrano si passò alla fase operativa dividendo il lavoro in tre tronchi: dal Fizzo al monte Ciesco; da quest’ultimo al monte Garzano ; dal Garzano alla reggia.

Dalla grotta artificiale posta a conclusione del grande parco della reggia di Caserta progettato dal Vanvitelli e completato dal figlio Carlo, una diramazione conduce all'edificio Belvedere, la celebre filanda-reggia voluta da Ferdinando IV per la produzione e tessitura della seta. Questa era stata realizzata recuperando l'antico casino cinquecentesco degli Acquaviva, ed ancora conserva i giardini di impronta rinascimentale arricchiti da gruppi scultorei e fontane, nonché i giardini del XIX secolo dove una grande cisterna accoglie le acque del Carolino per far funzionare il "rotone ad acqua" della filanda. Infine, dopo aver attraversato il Bosco Vecchio, un ramo del Carolino raggiunge la reale tenuta di Carditello, fattoria modello voluta sempre da Ferdinando IV.

Il condotto, largo metri 1.20 , alto 1.30 e lungo 38 chilometri, i calcoli di Vanvitelli e dei suoi collaboratori e l’abilità delle maestranze avevano consentito di superare tutte le difficoltà, particolarmente quella di riuscire a dare al condotto una pendenza media di solo mezzo millimetro per metro di percorso.è quasi interamente interrato , tranne le parti che passano sui ponti, ed è segnalato da 67 torrini, caratteristiche costruzioni a pianta quadrata e copertura piramidale, destinate a sfiatatoi e ad accessi per l’ispezione.

Fra il 1753 ed il 1755, fu compiuto il primo tronco dell’acquedotto dalle sorgenti del Fizzo, poste alle falde del Taburno, al monte Ciesco, superando una palude, il fiume Enza, con un ponte, e la collina del Prato, dove fu trovata un’altra sorgente.

Fra il 1755 ed il 1762, fu forato il monte Croce, dove le maestranze si trovarono in tali difficoltà da decidere di sospendere i lavori in segno di protesta per i pericoli connessi al duro scavo. E il Vanvitelli dovette rimuovere anche questo ostacolo. Seguì la perforazione dei monti Castrone, Acquavivola, Sagrestia, Fiero, Fano, Durazzano.

Nel 1755 si giunse alla foratura del monte Longano, da cui Vanvitelli decise di raggiungere il monte Garzano mediante la costruzione di un ponte che superasse la grande vallata fra i due monti. Quel ponte, detto i Ponti della Valle, con i suoi 529 metri di lunghezza, fu il ponte più lungo d'Europa, all'epoca, e - con triplici arcate in numero di 19, 29, 43 dal basso verso l’alto - ricalca quelli romani ma li supera in grandiosità. Si forò quindi il monte Garzano con tre anni di duro lavoro e usando la polvere da sparo. Nel 1759 Carlo di Borbone inaugurò questo primo blocco di lavori.

Nel 1762, l’acquedotto funzionava in pieno fino all'imbocco del traforo del monte Garzano. L’inaugurazione di questo tratto ebbe momenti drammatici perché l’acqua ritardò a raggiungere la fine della condotta tra lo scetticismo di molti, il disagio del giovane Ferdinando IV e il panico di Vanvitelli. Finalmente l’acqua arrivò tra gli applausi della folla ed il re, raggiante, abbracciò Vanvitelli e lo gratificò di 1000 ducati. L'acqua fu poi portata a Caserta, attraverso le frazioni di Casola, Tuoro, Santa Barbara. Tutto fu fatto fra il 1764 ed il 1770 con una spesa complessiva di 622.424 ducati (A. Sancio 1826), 1 Ducato = 50,00 € in base alle quotazioni mantenute dall’oro nel maggio 2012.

Il capolavoro edilizio dell'acquedotto fu l'orgoglio di Vanvitelli e delle maestranze che avevano lavorato sotto la guida tecnica di Francesco Collecini e del Patturelli. L'acqua, che aveva superato in quattro ore l'intero percorso dal Tabumo a Caserta, zampillò finalmente dalla collina di Briano, alimentando le numerose cascate del parco della reggia, a salutare la vittoria della fatica umana.

Caserta_-_Acquedotto_Carolino_dalle_sorgenti_del_Fizzo_alla_Reggia_di_Caserta_in


 
 
 

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