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Gli anelli dei Briganti

  • militesluci
  • 7 nov 2015
  • Tempo di lettura: 1 min

La storiografia risorgimentale ha fatto sempre confusione tra la reazione politico-sociale armata delle masse contadine con quella squisitamente politica dei legittimisti.

La questione degli anelli dei "briganti", va riferita esclusivamente a quei "militari" che per comprovate attitudini cavalleresche potevano ancora "indossare" la divista dell'onore. Considerato che con un paese occupato militarmente era molto diffcile e pericoloso indossare una divisa legittimista, a meno che, come il Col. Pasquale Domenico Romano, non si era padroni assoluti di un'intera regione, furono "coniati" gli "anelli dei briganti" con la frunzione di vere e proprie uniformi. Tuttavia mentre nel mondo legittimista avevano un effettivo peso, in quello del ribellismo partigiano, più comunamente chiamato brigantaggio, potevano non avere significato. Daltronde Re Francesco II non si sarebbe mai sognato di dare un "grado" militare o un'onorificenza a qualcuno che non avesse gli antichi requisiti etico-morali previsti dalla cavalleria militare. Naturalmente vi furono delle vicende poco vicine ai dettami del legittimismo ma, comunque, furono la conseguenza di quel clima di grande confusione e disperazione che si venne a determinare all'interno di uno stato colpito mortalmente al cuore dalla congiuntura massonica internazionale. La gerarchia nell'interno delle bande brigantesche aveva, quali simboli di riconoscimento, degli anelli in zinco, fatti coniare dallo stesso Francesco II per i suoi militari che avrebbero dovuto condurre la resistenza contro l'Esercito italiano. La loro diversa foggia contraddistingueva, da sinistra a destra, il soldato, il caporale, il basso ufficiale e l'ufficiale. Questi anelli vennero trovati al dito di ex appartenenti all'esercito borbonico passati al brigantaggio. I disegni sono tratti da "Il Mondo Illustrato", che ne diede notizia sull'edizione dell'11 maggio 1861.




 
 
 

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